La Federleague è in costante crescita. Lo dimostrano i numeri e il seguito
ottenuto, per esempio, in occasione della Final Four scudetto tenutasi lo
scorso luglio all’Acquacetosa di Roma. Il vice presidente Luigi Ferraro,
per un giorno, smette i panni ufficiali e a titolo personale interviene per
difendere con orgoglio il lavoro di tutto lo staff organizzativo della
Federazione di rugby a 13. «Innanzittutto ci tengo a sottolineare che il
nostro movimento non rappresenta solo il centro sud Italia, perché nel nord
del nostro Paese abbiamo tante squadre affiliate come Firenze, Albinea,
Reggio Emilia di S10, Falchi Pesaro ed altre. Io, come altri componenti
della Federleague come Guido Porcellini (responsabile medico della
Montepaschi Siena basket) e Pierluigi Gentile (S10, Premiership in Scozia,
Nazionale a 7), viviamo lo sport di un certo livello in Italia con dei
valori che vanno oltre lo sport stesso ed è forse questo che ci differenzia
molto dall’altra associazione esistente. Forse per la nostra italianità (e
per la consapevolezza che fare un mondiale in questa maniera, avrebbe sì
portato a delle vittorie, ma sarebbe stata una non veritiera fotografia del
nostro movimento e di quello complessivo) abbiamo preferito non accettare
delle scelte non democratiche in cui non credevamo e attendere. Pensiamo
all’Italia Fir, ben più ricca e ben strutturata, che ci ha messo 10 anni
per ottenere un po’ di rispetto al Sei Nazioni: qui in un anno, con una
squadra la cui maggioranza fa il secondo caps al mondiale, spazziamo via
Galles e Inghilterra e pareggiamo con la Scozia. Non penso che il movimento
rugbystico sia così ingenuo. Sì, è vero, forse un po’ di ritorno d’immagine
c’è e ci sarà, ma durerà ben poco una volta finito il mondiale se non
supportato da un lavoro effettivo e costante fatto su tutto il territorio e
su tutti i livelli». Ferraro torna poi sui motivi del mancato accordo con
l’altra associazione. «Nel marzo 2013 abbiamo inviato delle offerte di
riunificazioni democratiche sotto il controllo Coni, basate sul lavoro
reale sul territorio, sia alla Firl che alla Rlef: non solo non sono state
accettate, ma sono state denigrate dal presidente australiano della Firl
che è Orazio D’Arro e che si trova a Sydney. Mai abbiamo detto che non
avremmo voluto italo australiani (che per noi sono italiani), ma avevamo
solo chiesto che la Nazionale avesse sia italo australiani che italiani del
movimento giocato (almeno al 50%), che avrebbero meritato rispetto per la
passione messa in questi anni. Nemmeno quell’idea è stata accettata. Ci è
stato proposto uno statuto in cui votavano 4 comitati italiani e 3
stranieri (Francia, Australia e Inghilterra). Non ho mai sentito, per
esempio, che il presidente inglese venga votato dal presidente australiano.
Nonostante tutto, essendo nell’istruttoria Coni, abbiamo dovuto rifiutare
in quanto statuti non democratici non sono ammessi per chi vuole essere
riconosciuto.
Noi abbiamo i requisiti Coni, abbiamo progetti sociali, ma soprattutto
siamo italiani – rimarca Ferraro -. Non so come l’abbiano presa i non tanti
loro tesserati, ma credo che se realmente ci fossero, non sarebbero stati
contenti di vedersi superati una settimana prima del mondiale. Invitiamo
tutti i club italiani e tutti coloro che credono nell’italianità e nello
sport puro ad unirsi alla grande maggioranza che in Italia fa questo sport
con certi valori, per essere tutti riconosciuti dall’unico organo che può
dire se siamo “veri” o no, il Coni.
Crediamo anche noi – conclude Ferraro – nell’idea di un unico movimento
forte e con dei valori importanti come quelli che cerchiamo di trasmettere
e rimaniamo aperti ad una riunificazione purchè sia dettata da regole
democratiche e meritocratiche ma soprattutto costituzionali, tutto ciò che
il Coni richiede».
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